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L'APPUNTO - N. Marciano su "NM": "Napoli, serve un atto di coraggio"
22.02.2021 17:00 di Redazione

NAPOLI - 27 minuti. Tanto è ragionevolmente durato lo strazio, intervallato da brevi barlumi di luce molto fioca, che al secolo si definisce Atalanta-Napoli, 23ª giornata di campionato, 4-2. Perché è in quei 27 minuti, dal 52esimo al 79esimo dei secondi 45 che in 22 hanno segnato ben 6 gol, qualcuno nella porta avversaria, qualcuno nella propria. Ecco. Meno di mezz’ora, un terzo di una partita che di certo non finirà allo scadere del recupero, procrastinato tra l’altro dall’infortunio di uno sfortunatissimo Osimhen che si becca anche un trauma cranico. Per il Napoli pubblico, la serata però finisce proprio lì, sul rettangolo verde, dopo la decisione del silenzio stampa, di quei silenzi che chiaramente dicono più di 10.000 parole dette tutte d’un fiato alla flusso di coscienza di Joyce. La coscienza appunto. E ora, dopo la batosta contro il Granata e la pesantissima sconfitta in terra bergamasca, chi è che dovrà farci i conti? A dirla tutta, se si fosse mossi da onestà intellettuale, la risposta sarebbe semplice: tutti. Dal primo all’ultimo, nessuno escluso. Dalla presidenza alla dirigenza, passando per panchina, spogliatoio e campo. Semplice. La mano sulla coscienza per un Napoli che non riconoscerebbe più se stesso nemmeno se fosse prigioniero nella casa degli specchi del Luna Park, andrebbe non solo passata ma diremmo ben impastata e lasciata lì, a cercare di toccare quel che resta di scelte (tipo quella inspiegabile di certi cambi in certi momenti) discutibili; di grinta dispersa; di obiettivi lontani; di un’anima appiattita su se stessa. E non si tiri in ballo la vittoria contro gli incolori che, per quanto abbia dato oggettivamente una grandissima soddisfazione, in realtà è stata velocemente archiviata dalle amarissime sconfitte, che non bastava il ritorno in zona arancione. Non si esce, lo dice il decreto che detta i colori ma non ne esce - pare - nemmeno il Napoli. Dal proprio comune nel primo caso, da un’impasse formato squadra nel secondo. Ma qualcosa si dovrà fare. Qualunque cosa. In virtù di quella mano sulla coscienza, scelte dovranno essere prese, posizioni assunte (possibilmente migliori di quelle dei difensori schierati tra le fila azzurre ma non dovrebbe essere difficile) e vie percorse, per cercare di salvare un salvabile di cui per ora non c’è traccia. Una rivoluzione, ecco, al tempo di una pandemia, e nonostante la pandemia. Un atto di coraggio, questo occorre. E questo qualcuno, chiunque egli sia, dovrà avere il coraggio, appunto, di fare.

 

 

Nunzia Marciano
 
 
Napoli Magazine
 
 
Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com
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L'APPUNTO - N. Marciano su "NM": "Napoli, serve un atto di coraggio"

di Napoli Magazine

22/02/2024 - 17:00

NAPOLI - 27 minuti. Tanto è ragionevolmente durato lo strazio, intervallato da brevi barlumi di luce molto fioca, che al secolo si definisce Atalanta-Napoli, 23ª giornata di campionato, 4-2. Perché è in quei 27 minuti, dal 52esimo al 79esimo dei secondi 45 che in 22 hanno segnato ben 6 gol, qualcuno nella porta avversaria, qualcuno nella propria. Ecco. Meno di mezz’ora, un terzo di una partita che di certo non finirà allo scadere del recupero, procrastinato tra l’altro dall’infortunio di uno sfortunatissimo Osimhen che si becca anche un trauma cranico. Per il Napoli pubblico, la serata però finisce proprio lì, sul rettangolo verde, dopo la decisione del silenzio stampa, di quei silenzi che chiaramente dicono più di 10.000 parole dette tutte d’un fiato alla flusso di coscienza di Joyce. La coscienza appunto. E ora, dopo la batosta contro il Granata e la pesantissima sconfitta in terra bergamasca, chi è che dovrà farci i conti? A dirla tutta, se si fosse mossi da onestà intellettuale, la risposta sarebbe semplice: tutti. Dal primo all’ultimo, nessuno escluso. Dalla presidenza alla dirigenza, passando per panchina, spogliatoio e campo. Semplice. La mano sulla coscienza per un Napoli che non riconoscerebbe più se stesso nemmeno se fosse prigioniero nella casa degli specchi del Luna Park, andrebbe non solo passata ma diremmo ben impastata e lasciata lì, a cercare di toccare quel che resta di scelte (tipo quella inspiegabile di certi cambi in certi momenti) discutibili; di grinta dispersa; di obiettivi lontani; di un’anima appiattita su se stessa. E non si tiri in ballo la vittoria contro gli incolori che, per quanto abbia dato oggettivamente una grandissima soddisfazione, in realtà è stata velocemente archiviata dalle amarissime sconfitte, che non bastava il ritorno in zona arancione. Non si esce, lo dice il decreto che detta i colori ma non ne esce - pare - nemmeno il Napoli. Dal proprio comune nel primo caso, da un’impasse formato squadra nel secondo. Ma qualcosa si dovrà fare. Qualunque cosa. In virtù di quella mano sulla coscienza, scelte dovranno essere prese, posizioni assunte (possibilmente migliori di quelle dei difensori schierati tra le fila azzurre ma non dovrebbe essere difficile) e vie percorse, per cercare di salvare un salvabile di cui per ora non c’è traccia. Una rivoluzione, ecco, al tempo di una pandemia, e nonostante la pandemia. Un atto di coraggio, questo occorre. E questo qualcuno, chiunque egli sia, dovrà avere il coraggio, appunto, di fare.

 

 

Nunzia Marciano
 
 
Napoli Magazine
 
 
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