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JUVENTUS - Giuntoli: "Napoli, Milan e Inter davanti a noi, senza la guerra non avremmo preso Kvaratskhelia ad un prezzo così basso"
30.09.2023 08:40 di Redazione

Cristiano Giuntoli, ex d.s. del Napoli, attualmente alla Juventus, ha rilasciato un'intervista a La Repubblica:

 

"Mi vengono i lucciconi a pensare di non poter condividere tutto questo con mio babbo Tiziano, che se ne è andato nel 2005. Al paese se lo ricordano tutti, il babbo, lui era juventino fanatico, adorava Charles e Sivori, io sono cresciuto leggendo Caminiti su Tuttosport, i miei idoli erano Platini e Boniek. E poi Zoff, Gentile, Cabrini...Mi sento a casa. Ricordo le prime trasferte col babbo: a Firenze, attenti a non esultare, o a Bologna, dove una volta abbiamo preso l’acqua tutto il tempo, e a mia madre avevamo detto che eravamo in tribuna coperta, oppure a Pistoia, gol di Cuccureddu, Brady, Tardelli. Poi le trasferte in bus a Torino con un club di Prato. E nel ’98 guidai fino ad Amsterdam per la finale di Champions persa con il Real, gol in fuorigioco di Mijatovic,mi è rimasta qui. Il giorno dopo ero regolarmente a fare allenamento con l’Imperia".

 

Nella sua casa di Agliana c’è una foto che la ritrae mentre marca Pippo Inzaghi, conferma?

 

"Le racconto la storia che c’è dietro: 1998, settimana di Juve-Inter, la Juve fa un’amichevole con l’Imperia, Inzaghi è reduce dalla ferita al labbro contro il Monaco, venti punti di sutura. Lippi entra negli spogliatoi, parla con il mio compagno Sbravati, chiede chi è l’altro centrale, che sarei io, e si raccomanda: “Ragazzi, Pippo rientra ora, andateci piano”. Quello che non sapeva Lippi è che io ero anche a Montecarlo, fra i tifosi, quando Pippo era stato ferito. Ecco perché nella foto lo marco a distanza di tre metri...".

 

Come si trova con lo scouting alla Juventus?

 

"La Next Gen è fondamentale per abbassare ingaggi ed età media. Le seconde squadre costano, ma l’investimento torna moltiplicato e infatti gli altri club ci stanno pensando. E poi, questo ci aiuta a creare il senso di appartenenza nei giovani. Quanto allo scouting, ho trovato qui alla Juve grandi professionalità. Oggi nel calcio tutti sanno tutto, è difficile battere sul tempo gli altri e fare affari a costi contenuti. Io a Napoli ho colto delle coincidenze: senza la guerra non avrei preso Kvara a quel prezzo, senza lo stop per la pandemia forse Osimhen avrebbe fatto 30 gol in Francia e sarebbe finito in Premier".

 

Qual è l'obiettivo della Juventus?

 

"In un momento di grande crisi del calcio italiano, c’è bisogno di fare di necessità virtù. Inseguire la sostenibilità, creare un meccanismo di autosussistenza in cui puoi spendere in base a ciò che incassi. Abbassare il monte ingaggi e l’età media, avere più giovani che possano crescere nel club e costituire un valore. In più, creare un ambiente che guardi non solo al risultato ma alla prestazione. Ragioniamo sulla media distanza, ma porre un termine significa anche creare un limite, e i limiti sono per i mediocri".

 

Vuol dire che vincere non è più l’unica cosa che conta?

 

"Vincere è la cosa più importante, ma se vogliamo crescere dobbiamo analizzare le prestazioni, e questo richiede tempo. Quanto tempo? C’è un programma preciso condiviso dall’ad Scanavino, da Allegri, da me e da Manna: tornare in Champions. Ci serve anche per avere una vetrina in cui far crescere i nostri giovani, perché devono potersi confrontare con i più bravi in Europa. Per il nostro obiettivo dichiarato le rivali sono Atalanta, Fiorentina, Lazio, Roma. Poi ci sono Napoli, Milan e Inter che sono avanti rispetto a noi, perché il loro progetto è partito molto prima".

 

Berardi può essere un nome per gennaio?

 

"Berardi è un calciatore bravo e capace ma ora, ripeto, vogliamo capire quanto valiamo noi. La squadra è molto diversa da un anno fa. Ha un deficit di esperienza ma un ritmo più intenso. Allegri e lo staff volevano già proporre qualcosa di nuovo. Ora con l'abbassamento dell'età media è una necessità: corri di più, aumenta la voglia di fare, ma non puoi più lucrare sulla malizia. Il mister è il primo ad averlo capito".

 

Com'è il suo rapporto con Allegri?

 

"Allegri è la punta di diamante del club, un grande riferimento in questa delicata fase di passaggio. Lui è partito dall’Aglianese, proprio la squadra del mio paese, pensa il destino, ed è arrivato due volte in finale di Champions".

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JUVENTUS - Giuntoli: "Napoli, Milan e Inter davanti a noi, senza la guerra non avremmo preso Kvaratskhelia ad un prezzo così basso"

di Napoli Magazine

30/09/2023 - 08:40

Cristiano Giuntoli, ex d.s. del Napoli, attualmente alla Juventus, ha rilasciato un'intervista a La Repubblica:

 

"Mi vengono i lucciconi a pensare di non poter condividere tutto questo con mio babbo Tiziano, che se ne è andato nel 2005. Al paese se lo ricordano tutti, il babbo, lui era juventino fanatico, adorava Charles e Sivori, io sono cresciuto leggendo Caminiti su Tuttosport, i miei idoli erano Platini e Boniek. E poi Zoff, Gentile, Cabrini...Mi sento a casa. Ricordo le prime trasferte col babbo: a Firenze, attenti a non esultare, o a Bologna, dove una volta abbiamo preso l’acqua tutto il tempo, e a mia madre avevamo detto che eravamo in tribuna coperta, oppure a Pistoia, gol di Cuccureddu, Brady, Tardelli. Poi le trasferte in bus a Torino con un club di Prato. E nel ’98 guidai fino ad Amsterdam per la finale di Champions persa con il Real, gol in fuorigioco di Mijatovic,mi è rimasta qui. Il giorno dopo ero regolarmente a fare allenamento con l’Imperia".

 

Nella sua casa di Agliana c’è una foto che la ritrae mentre marca Pippo Inzaghi, conferma?

 

"Le racconto la storia che c’è dietro: 1998, settimana di Juve-Inter, la Juve fa un’amichevole con l’Imperia, Inzaghi è reduce dalla ferita al labbro contro il Monaco, venti punti di sutura. Lippi entra negli spogliatoi, parla con il mio compagno Sbravati, chiede chi è l’altro centrale, che sarei io, e si raccomanda: “Ragazzi, Pippo rientra ora, andateci piano”. Quello che non sapeva Lippi è che io ero anche a Montecarlo, fra i tifosi, quando Pippo era stato ferito. Ecco perché nella foto lo marco a distanza di tre metri...".

 

Come si trova con lo scouting alla Juventus?

 

"La Next Gen è fondamentale per abbassare ingaggi ed età media. Le seconde squadre costano, ma l’investimento torna moltiplicato e infatti gli altri club ci stanno pensando. E poi, questo ci aiuta a creare il senso di appartenenza nei giovani. Quanto allo scouting, ho trovato qui alla Juve grandi professionalità. Oggi nel calcio tutti sanno tutto, è difficile battere sul tempo gli altri e fare affari a costi contenuti. Io a Napoli ho colto delle coincidenze: senza la guerra non avrei preso Kvara a quel prezzo, senza lo stop per la pandemia forse Osimhen avrebbe fatto 30 gol in Francia e sarebbe finito in Premier".

 

Qual è l'obiettivo della Juventus?

 

"In un momento di grande crisi del calcio italiano, c’è bisogno di fare di necessità virtù. Inseguire la sostenibilità, creare un meccanismo di autosussistenza in cui puoi spendere in base a ciò che incassi. Abbassare il monte ingaggi e l’età media, avere più giovani che possano crescere nel club e costituire un valore. In più, creare un ambiente che guardi non solo al risultato ma alla prestazione. Ragioniamo sulla media distanza, ma porre un termine significa anche creare un limite, e i limiti sono per i mediocri".

 

Vuol dire che vincere non è più l’unica cosa che conta?

 

"Vincere è la cosa più importante, ma se vogliamo crescere dobbiamo analizzare le prestazioni, e questo richiede tempo. Quanto tempo? C’è un programma preciso condiviso dall’ad Scanavino, da Allegri, da me e da Manna: tornare in Champions. Ci serve anche per avere una vetrina in cui far crescere i nostri giovani, perché devono potersi confrontare con i più bravi in Europa. Per il nostro obiettivo dichiarato le rivali sono Atalanta, Fiorentina, Lazio, Roma. Poi ci sono Napoli, Milan e Inter che sono avanti rispetto a noi, perché il loro progetto è partito molto prima".

 

Berardi può essere un nome per gennaio?

 

"Berardi è un calciatore bravo e capace ma ora, ripeto, vogliamo capire quanto valiamo noi. La squadra è molto diversa da un anno fa. Ha un deficit di esperienza ma un ritmo più intenso. Allegri e lo staff volevano già proporre qualcosa di nuovo. Ora con l'abbassamento dell'età media è una necessità: corri di più, aumenta la voglia di fare, ma non puoi più lucrare sulla malizia. Il mister è il primo ad averlo capito".

 

Com'è il suo rapporto con Allegri?

 

"Allegri è la punta di diamante del club, un grande riferimento in questa delicata fase di passaggio. Lui è partito dall’Aglianese, proprio la squadra del mio paese, pensa il destino, ed è arrivato due volte in finale di Champions".